Posted on by Alessandra Berardi

Da bambina avevo già le idee molto chiare su cosa amavo indossare e cosa no. 

 

La regola a casa mia era che io e mia sorella maggiore potevamo vestirci come volevamo ad eccezione di quelle situazioni definite "pulite": la visita della nonna paterna, le feste degli altri bambini, i Natali e le Pasque con tutta la famiglia. In queste situazioni mia madre si metteva il profumo e si truccava, mio padre sceglieva una cravatta sebbene non stesse andando a lavorare e io e mia sorella venivamo impacchettate in abitini punto smock, calzini bianchi ricamati, il temuto cappotto Loden e le odiatissime scarpine occhio di bue (il nome del modello, scoperto da adulta, non ha fatto che confermare la mia già radicata ostilità).

 

Nelle giornate di libertà, invece, mi divertivo a scegliere fra le t-shirt disegnate, le gonne colorate e le scarpe da tennis con lacci spaiati. Le mie magliette del cuore erano quella con uno Snoopy che volteggiava su un pentagramma e quella “azzurro piscina” con il panda del WWF stampato sul davanti. Sono cose che ricordo precisamente e che sono capaci di aprirmi un piccolo varco temporale nel passato come la gonna a fiori blu di mia mamma, le polo aderenti in lycra della nonna, i pantaloni in velluto a coste di mio papà.

 

Sono affascinata dal potere evocativo dei vestiti perché a differenza di altri oggetti personali si modificano con il  corpo di chi li indossa, con l’usura e con i momenti che si vivono indossandoli, con gli odori e i profumi. Sono davvero personali!

 

La prima volta che ho percepito questo potere evocativo è stato quando dopo aver spulciato tra i banchi di un mercatino dell’usato in cerca di qualcosa che mi piacesse, me ne tornai a casa soddisfatta con degli stivali che avevo provato  troppo frettolosamente. Il giorno dopo li indossai per affrontare la giornata e sentii la strana sensazione di essere nei panni sbagliati. Quelle scarpe erano state di un’altra persona e ne raccontavano il modo di camminare, la postura, la forma del piede in un modo che sentivo ingombrante. Era come se avvertissi una specie di aurea. La stessa aurea che ci fa stare bene indossando un maglione, una sciarpa, qualsiasi cosa indossata da una persona amata. E a volte, purtroppo, da una persona amata ma lontana. Non esiste lavaggio, tintoria o ferro da stiro capaci di toglierla.

 

Da questa riflessione un po’ nostalgica il mio consiglio: provate a scambiarvi gli abiti che amate di più con le persone a cui volete bene. Sarà un piccolo trucco per variare il vostro guardaroba e provare a sentire l’empatia che vi unisce!